Wednesday 23 August 2023

The Return of King Lillian - my review

I just finished reading a book, a novel. I wanted to take a break from reality after many books about popular science.

And I had to recollect myself before writing this humble (spoiler free) review of mine because, boy!, reading The Return of King Lillian, by Suzie Plakson has been a sad-happy-sorrowful-joyride!

I'm in love. With her style and her imagination and her characters and her Whole Wyde Whirld.

While I was reading (a paper book, not Kindle or anything virtual), I heard Suzie's voice narrating. Possibly because I started her novel soon after listening to her PDK show, but also because her words are like lyrics.
The fact that I'm a professional translator had me also think how challenging it would be to translate the book in Italian (or any other language for that matter).
It would be like translating a song: you can translate the lyrics, but not the lyricism. And Suzie's style is musical at heart.

The story is kind of a classic hero's journey, from childhood to womanhood to kinghood. Not dissimilar from many children's literary worlds, but with wonders fresh and new. No spoilers, as I said, but I will never see a horse, a sock, a peacock or a red rose with the same eyes!

The characters, Lillian first, are so vividly depicted, so deep are their emotions that, as with most of the best children's literature, you can emphasize at many levels. A child will see wonderful and colourful people and creatures, an adult will (as in my case) relate to their adventures and misadventures.
A couple of chapters transcended the "fairy tale" becoming my reality for a while, and the narration became so personal that I had to stop reading and wipe my tears. But, again, I don't want to spoil it, so I'm not saying anything more on this.

Something magical also happened while I was reading, something that I had done often in my youth but never later... I was compelled to draw pictures in the book. Of objects or scenes or characters. I'm no artist whatsoever, but I just felt doing it, to make the book "mine"! Like I did when I was much younger. 


And when I reached the end (pardon me... the last page of "The Beginning"!) I felt the circle closing. And all I wanted was to begin reading the book all over again. Like a delicious dish you want to eat again, and again, and again...

I can read Suzie's book again of course, but you know what I would really, really love? To see the story turned into a musical. Not with expensive sceneries or special theatrical effects, just the minimum to spur the viewers imagination. Because there is one thing that's absolutely missing...
The songs!
Again, no spoilers, but I would simply adore to listen to the songs!


"She mewed herself awake", and so did I when I turned the last page. Back to reality! See you soon Whole Wyde Whirld!

Thank you, Suzie!

Wednesday 14 June 2023

Alberto

I'm grateful to have had you in my life. I'm glad to have you in my memory. 
I just wish you were here to celebrate another anniversary with me.
Together.
Forever and beyond.

Monday 24 April 2023

Il Faro, la mia rinascita lavorativa (e non solo)

Un Faro è la luce nel buio, il punto di riferimento per naviganti in difficoltà, la speranza di un attracco sicuro nella tempesta...*

Queste sono le immagini che l'idea di faro evoca. È stata una delle prime "tecnologie" che l'uomo ha messo a disposizione di se stesso per trovare la via sicura verso casa.

Mai avrei pensato che queste immagini sarebbero diventate realtà per me.


Non lavoravo regolarmente più da diversi anni, e da quando mamma aveva cominciato a soffrire di attacchi di panico, non uscivo quasi mai di casa, se non per poche ore; poi, dopo il suo ictus le mie necessità (di qualunque genere fossero) sono state messe da parte.

E oltre a perdere la mia routine, mi sono ritrovata, pian piano, ad accantonare, e poi a mettere in dubbio, la mia capacità di fare qualsiasi cosa.


Quando mamma è stata ammessa definitivamente in casa di riposo, ho potuto cercare e (in parte) ritrovare quelle routine, ma senza più sostentamento economico. 

Così ho cominciato a tappezzare di curriculum alberghi e agenzie di Bibione: fare le pulizie era sicuramente la cosa che avevo fatto di più negli ultimi anni, e in stagione il personale delle pulizie è sempre carente nei luoghi di villeggiatura. 

Non sono però stati i curriculum sparsi in giro a dar frutti...


Era un venerdì dell'aprile 2022...


Sono iscritta al Centro per l'impiego di Portogruaro dal 2017, quando avevo chiuso la partita IVA mettendo fine all'ultratrentennale carriera di elaborazioni grafiche per la stampa. Avevo da poco aggiornato il mio curriculum online, ma con poche speranze, visto che tecnologie e abilità mi avevano di gran lunga superato.

Poi, una telefonata.

Era il Centro per l'impiego: una ditta di Portogruaro cercava qualcuno con conoscenza delle lingue per fare la custode del Faro di Bibione, avevano fretta e se ero interessata avrei fatto il colloquio il giorno dopo, sabato.

Mi sentii frastornata, tanto da non essere sicura di quale tipo di lavoro mi stavano offrendo, ma risposi di sì e il sabato ottenni il lavoro, nonostante sapessi solo pochissime parole di tedesco ( Guten Tag, Danke, Tschüss...) e non avessi mai fatto tour turistici guidati.


Ma tutta la mia esperienza di accoglienza delle persone (alle convention), il mio (breve) curriculum scolastico a indirizzo nautico e il mio inglese a livello alto, mi avevano fatto assumere. O meglio, mi avevano assicurato una giornata di prova.


E così, il 7 maggio 2022 ho oltrepassato per la prima volta da "impiegata" il cancello del Faro di Bibione, che fino a quel momento era stato un vago punto di riferimento nel mio poco girovagare nei dintorni.


Subito mi sono sentita a casa. Ho percepito una sensazione di "appartenenza", quella sensazione che ti fa capire che sei nel posto giusto al momento giusto. 

Una sensazione forte che ho provato solo due altre volte nella mia vita.


La prima volta quando scelsi la scuola superiore che volevo frequentare. Non so se è ancora così, ma ai miei tempi in terza media si facevano visite nei vari istituti di zona per "orientare" noi ragazzi alla scelta di come proseguire gli studi. Quando misi piede all'Istituto Nautico Artiglio di Viareggio mi sentii a casa. All'epoca non c'erano molti sbocchi professionali per una ragazza dopo aver preso il diploma nautico (le Armi erano ancora precluse alle donne, quindi niente carriera in Marina o Aeronautica) e il massimo a cui potevo aspirare era fare la segretaria in un'azienda nautica o al porto. Ma durante quella visita decisi che avrei studiato lì, che quella era la "mia" scuola, il resto non aveva importanza.

Una volta diplomata avrei voluto laurearmi in biologia marina e imbarcarmi su una nave oceanografica... non ci riuscii, ma questa è un'altra storia.


La seconda volta che provai la sensazione di "appartenere" a qualcosa fu quando incontrai Alberto, prima ancora di innamorarmi di lui. L'incontro (descritto da lui sull'allora fanzine dello STIC-AL) fu breve, ma intenso e mi mise davanti a una realtà che non immaginavo: un club italiano di Star Trek. In quel momento sentii che appartenevo a quel mondo, che dovevo farne parte. Mi iscrissi al club per intraprendere nella funzione quella carriera da "capitano" che mi era preclusa nella realtà... E il resto è storia!


Tornando a quel 7 maggii, la mia avventura con il Faro era appena cominciata, ma fin dai primi giorni mi sentii così a mio agio che mi sembrava di aver fatto quel lavoro da sempre. 

Un lavoro semplice, che consisteva principalmente nel mantenere pulita la mostra all'interno della struttura del Faro, aprire e chiudere agli orari stabiliti, accendere le apparecchiature, dare il benvenuto ai visitatori fornendo loro informazioni sulla storia centenaria del Faro, su Bibione e i suoi servizi turistici... Una via di mezzo tra una guida turistica e un'addetta al decoro degli ambienti.


Ho legato subito con la mia collega Roberta che faceva il turno di mattina e col mio collega Ricciardo che si occupava dello spazio esterno, come fossimo stati un team da sempre.

Con Annalia, una delle curatrici della mostra, e il suo gruppo di lavoro, ho poi legato in modo particolare, forse perché ho condiviso da subito l'entusiasmo per la storia del Faro e per coloro che vi avevano vissuto.


La cosa più bella che mi ha regalato il lavoro, però, è stata l'occasione per fare un po' di meditazione sulla mia vita, sul mio futuro, su ciò che volevo veramente.

Nei momenti di tranquillità, quando il flusso di persone si fermava, quando erano tutti a fare il pic-nic in spiaggia, ho lasciato che la mia mente volasse libera sull'onda delle emozioni positive che provavo (forse dettate dal mio amore per il mare, forse dal fatto che dopo anni stavo lavorando di nuovo) e ho ricominciato a leggere libri, una cosa che, causa la mia perenne stanchezza mentale, non facevo più da anni. 

Libri che avevo sul comodino e libri acquistati apposta, libri di viaggi ed esplorazione, libri di scoperte e scienza.


E poi veniva il momento di chiudere le imposte, di spegnere le installazioni video, spazzare i pavimenti dalla sabbia... ed era in quel momento che, nel silenzio in cui restavo immersa, mi mettevo a parlare con me stessa e con la scala che porta alla lanterna, visibile ma inaccessibile (perché sotto la giurisdizione della Marina Militare) attraverso una vetrata.

Parlavo e riflettevo... Passavo senza soluzione di continuità dal pensare a cosa mangiare a cena a quale sorpresa ci avrebbe regalato il telescopio James Webb una volta attivo, da quello che stavano combinando Rua e Gattona in giardino al rientro di Samantha Cristoforetti dalla ISS, da quale giorno scegliere per vedere il nuovo episodio di Star Trek, alla coscienza quantica.


In un certo senso "dialogare" "con il Faro è stato come dialogare con Alberto, una cosa che non sapevo mi mancasse così tanto!

E ho capito molte cose di quella che è questa mia mezza vita senza Alberto.

Ho capito quanto mi era mancata una routine quotidiana, una programmazione settimanale o addirittura mensile, degli orari da rispettare... E anche quanto mi erano mancate l'interazione con le persone, le occasioni di scoprire (o riscoprire) le mie capacità di affrontare gli imprevisti, il lavorare in gruppo e il piacere di guadagnarmi da vivere lavorando.


Dicevo all'inizio che un faro è una luce nella tempesta, ma per me è stata la luce nella bonaccia. Non mi sentivo più in balia delle lunghe onde monotone e degli agenti esterni: stavo ricominciando a navigare! 

Chissà, probabilmente avrei ritrovato un po' me stessa con qualsiasi lavoro, ma fare la "guardiana del faro" per una stagione intera è stato più di un semplice lavoro. È stata un'epifania: un ritorno indietro ai tempi del Nautico, passando per l'amore per stelle ed esplorazione, per arrivare al presente in un "approdo" nuovo della vita.

 Per questo ringrazio il Faro e quel destino che mi ha portato a incontrarlo non come visitatrice, ma come sua custode!



Aggiornamento: le righe sopra sono frutto di mesi di scrittura e riscrittura, durante un inverno di pausa in cui ho capito che adoro lavorare solo nei mesi più caldi e per questo voglio fare la "stagionale" fino alla fine dei miei giorni lavorativi.

E dopo questo lunghissimo monologo posso anche aggiungere che sono di nuovo al Faro, di nuovo "custode e vigilante" e con lo stesso entusiasmo dello scorso anno, anzi, forse con ancora più voglia di condividere la bellezza che anche quest'anno mi circonderà: mare, fiume, pineta, vento, nuvole, sole... al Faro!

Mi trovate lì, ogni giorno (tranne i martedì) da maggio a settembre... e oltre!





* I apologize to my English speaking friends and family, but this post was too close to my Italian roots to be written in English. I could translate it one day... in the meantime, feel free to use Google! 

Monday 2 January 2023

530326 minutes

I learned to live, not just survive. Some of my strengths returned and I discovered I am more resilient than I thought.
But when I compare my life now to my life with you, it's like comparing a dark empty space with a brightly lit star.
Your light was extinguished ten years ago, and without that light I had to learn how to live and thrive in darkness. 

I love you, Alberto, every minute more than the minute before, and I'm looking forward to see your light again soon. ❤️💔

Wednesday 7 December 2022

Nedda - mum extraordinaire


My mum, Nedda, died peacefully in her sleep in the night on August 22nd. 
I saw her for the last time the evening before, and I found her tired and sleepy. Probably she was already shifting into death.

I don't want to indulge telling all the medical conditions Nedda had, which worsened with the massive stroke she suffered in november 2020. You can find hints of her last years in earlier entries of this very blog.

What I want to tell you is how extraordinary my mum was and how many things she did, some of them fundamental for my own life and experience. Forgive me if the following will not be as coherent as it should be... it took me several months to write it.


Nedda during one of her last visit to her park! 


She divorced as soon as divorce was legal in Italy and she raised my brother and me doing many different jobs, most of them being her own boss. She was an entrepreneur with an eye for culture, environment and progress. And that instilled in me the concept of independence - you can rely on yourself if you do your best.

I remember her art gallery in Viareggio (for which she was know as "Andromeda") - a minimal-style black&white venue that was pretty unique. I was still young, but I remember vividly her close friendship with an artist who lived upstairs in our condo, Gianni Carretti, who painted some of the most outstanding out-of-this-world panoramas. My love for space begun there and then, with art!

Nedda never failed to nourish my brother's and mine passions: in our house there were always coloured pencils, brushes and temperas, and every conceivable "educational" toy - from Lego to DAS, from Meccano to Spirograph. And she was the one who introduced me to science fiction: she bought me my first Isaac Asimov's books and whenever there was a SF movie or TV serie on, she was the first to want to watch it. She also introduced my brother and me to music, buying us classical LPs, and although music is a talent I don't have, I'll always be grateful for the worlds she opened us up to!

She also was my first role model for interacting with people. She spoke four languages (Italian, German, Franch and English) and one of the many jobs she had was as the co-director and receptionist at the Hotel Niagara. Alas, I never learned any language from her, but she was always adamant that my brother and me learn at least one language besides Italian. 

Her jobs took her (and us, my brother and I) to never live in one place for very long. But that "nomadic" life I think gave me the sense of what was truly important - in the many moves we did, I learned how to let things go, taking with me only the ones I really needed (emotionally, as well as practically).

It was thanks to one of those moves that I met Alberto, when we were living in Milan. And again, the actual meeting was Nedda's doing (although she didn.'t know in advance). I was about to go and be a scrutineer during one of many Italian elections, but the same day there was the premiere of a Star Trek movie. Being a Trekker herself, without thinking she sent me to watch the movie, to hell with the elections! And in the movie theatre I met my future husband, Alberto! 

Nedda at our wedding.

Nedda and I had a lot of things in common and among those there is... our love of cats! Her love for nature dates as back as I remember - there was always potted flowers in our homes, but cats spurred in her the project of starting an environmental association, which in turn transformed into a major project (her last, but not the only one of her busy life) - making the agricultural fields around Alberto's house into a park, a green lung of trees and bushes, that could host animals both wild and tamed, and be the land on which to build an auditorium where to play music. 

Nedda had also some passions that I didn't share at all - namely politics and economics. She was very interested, and very vocal, about her political beliefs and she had been involved with political parties since when I remember. Sometimes, due mainly to our different visions of how politics should work, we had furious verbal fights, but one thing I learned from those as well - you can be the on opposide sides, but if you fight respecting the person whom you're fighting with, there is always some good compromise to be found.

Nedda has been a strong and eclectic person, and I will always be grateful for everything she tought me.

For those of you who are curious to know Nedda reading her own "voice", here are the direct links to her various pages and profiles on Facebook, on which she was very active.

Nedda Gilè
Art Gallery ANDROMEDA

As I said on her Facebook page, if you want to remember her, the best way is to plant a tree in her name. She would be happy.


Monday 4 July 2022

Una (non troppo) breve storia (purtroppo) triste

Sono circa le due della notte tra venerdì 2 e sabato 3 luglio. Mi sono addormentata a pancia in giù con Gattona accanto alle gambe. Finestre aperte con zanzariere, caldo come piace a me, una notte tranquilla, anche se un po' più buia del solito per la mancanza della forte luce della luna.

Sento qualcosa che mi cammina sulle gambe, è un attimo, ma abbastanza da svegliarmi. Penso sia Gattona, ma con i piedi sento che si è spostata all'angolo del letto. Mi giro, accendo la luce e penso che forse è un ragno calato dal soffitto, o magari una delle tante scutigere che mi tengono casa libera dalle formiche. Non ho paura di nessun insetto o aracnide, e quindi mi premuro soltanto di controllare che, qualunque cosa fosse, non sia rimasta intrappolata tra le lenzuola: mi spiacerebbe schiacciarlo. Non trovo niente e torno a dormire.

Mi sveglio di nuovo, saranno passati dieci minuti. Stavolta è un rumore accanto al letto, una specie di frullar di ali contro la borsa di plastica dove tengo costume e accappatoio. Gattona è sul letto, tranquilla e indifferente. Forse è entrato un uccellino, anche se non so come, ma è meglio rimetterlo in libertà prima che lo noti Rua (che, al contrario di sua madre Gattona, è un provetto cacciatore). Cerco di vedere dove sia. Sento ancora frullare di ali, noto una forma piccolina, potrebbe essere un piccolo passerotto.

D'un tratto si palesa, per pochi secondi, "cadendo" dalla borsa sul pavimento accanto al letto. Poi sparisce sotto il letto. Ma l'ho visto, e non è un passerotto! È un piccolo pipistrello! Sono anni che desidero rivedere pipistrelli da queste parti. Una volta svolazzavano ogni sera regolarmente intorno al lampione davanti casa, ma poi sono spariti... e mai più tornati! La presenza di un pipistrello in casa è strana (da dove è entrato?), ma ne sono entusiasta!

Ritaglio al volo una bottiglia d'acqua vuota (ne bevo talmente tante che ne ho sempre in giro!) per cercare di catturarlo, ma niente da fare, si insinua tra le reti del letto, ed è così piccolo che non riesco più a vederlo. Decido allora di lasciarlo stare (sarà spaventatissimo) e torno a letto e non sentendo altri rumori riprendo a dormire... per venir svegliata pochi minuti dopo da un caos di squittii, zampe che corrono sul pavimento e svolazzi... 

Era ovvio! Il povero pipistrello è stato stanato e ora è nelle grinfie di Rua! Anzi... nelle fauci! OK, ormai è spacciato. Rua si ferma, mi guarda con la preda in bocca, e poi la posa per terra. Vedo che il pipistrello è ancora vivo...


Piccola parentesi. Rua porta regolarmente le sue prede in casa: quando sono morte oppure ormai senza speranza, gliele lascio, gli faccio i complimenti e gli indico la cucina o il bagno al piano terra dove può fare quel che vuole (lì è facile ripulire). Ma se vedo che le sue prede sono ancora vitali, cerco di liberarle: Rua si sazia in altro modo, quindi va bene l'istinto del cacciatore, ma se posso evito la fine delle prede!

Faccio per prendere il pipistrello con la bottiglia, ma Rua è più veloce di me. Allora afferro un fazzolettino di carta (lasciamo perdere la bottiglia!!!) e a quel punto comincia un breve inseguimento per la casa, che finisce in corridoio: Rua molla il pipistrello, il pipistrello si nasconde dietro il termosifone, mi avvicino col fazzoletto, ma Rua allunga una zampa, afferra il pipistrello e lo trascina a un metro da me. Il pipistrello è a terra, ali aperte e Rua si accuccia, soddisfatto. Approfitto e prendo il pipistrello con il fazzoletto!

Con Rua che mi guarda sconsolato mi chiudo in bagno e valuto la situazione: il pipistrello è stordito, ma non vedo sangue, segno che Rua non lo ha morso profondamente. Forse sono ancora in tempo per salvarlo. Col pipistrello nel fazzoletto, ora rannicchiato, torno a letto, prendo il cellulare e cerco sul web cosa fare in questi casi. Le indicazioni che trovo sono confuse e contraddittorie, l'unica indicazione comunque è quella che si possono toccare senza problemi, perché il nostro odore non impedirà agli altri di accoglierli di nuovo nel gruppo (o alla madre di cercarli, se sono piccoli). Mi sa che vado d'istinto!

I pipistrelli hanno bisogno di essere in alto per "spiccare" il volo: si lasciano cadere da una certa altezza e aprono le ali a mo' di aliante. OK, c'è una finestra in casa sul cui davanzale posso posarlo in sicurezza, senza che Rua o altri gatti possano arrivarci. Lo poso lì, lo saluto e spero che, una volta ripresosi, possa spiccare il volo mettendosi al sicuro.

Torno a letto, con Rua che mi guarda male e Gattona che è tornata nel suo angolo di letto (forse prima era solo andata a fare pipì!). Per sicurezza metto una sveglia alle cinque per controllare il pipistrello e finalmente mi metto a dormire senza ulteriori interruzioni.


Mattina del 3 luglio, alle cinque suona la sveglia, mi alzo... il pipistrello è ancora sulla finestra. Temo sia morto, ma prendendolo (a mani nude, tanto posso lasciargli il mio odore) sento che si muove. Le sue minuscole zampette si aggrappano alla mia pelle e in due secondo si accoccola nel palmo della mano. Decido di fare qualche altra ricerca sul web: tanto è troppo presto per chiamare il veterinario! Trovo numerosi siti dedicati alla protezione dei pipistrelli, con molte informazioni (stavolta più coerenti tra loro) e alcuni consigli. Il pipistrello è ancora nella mia mano, tranquillo... lo guardo... è tenerissimo. Non è un cucciolo, perché ha già la sua bella peluria su tutto il corpo (tranne le "ali"), ma non deve essere un adulto formato, è un po' troppo piccolo. Confrontando immagini e misure, deduco che sia un Pipistrellus pipistrellus, magari nato da una decina di giorni. Mi organizzo (sempre tenendolo in mano) per dargli un po' di acqua tiepida perché avrà sicuramente sete: una siringa senza ago fa al caso mio. Prima poppata andata. Ora provo a metterci qualche granello di latte in polvere... seconda poppata ancora più gradita! E' il momento di trovargli una cuccia per il giorno dove lasciarlo dormire in pace mentre sono al lavoro, quindi... scatola da scarpe e panno di pile. "Pipistrello, ecco la tua casetta!" gli dico... e mentre lo dico penso che potrei chiamarlo "pipi", con la prima "i" lunga... e quindi Peepi!


Metto la scatola in una stanza chiusa dove i gatti, specialmente Rua!, non possano entrare e passo il resto della mattinata con la mia solita routine, interrotta ogni mezzoretta per controllare Peepi, che dorme saporitamente. Provo a telefonare a un numero che ho trovato sul web su una pagina di "sos chirotteri", ma non risponde nessuno. Decido di continuare le ricerche la sera: è ormai ora di pranzo, do un'altro poco di acqua a Peepi (che gradisce) e vado al lavoro.

Quando torno, ormai sera anche se il sole ancora non è tramontato, vado per vedere Peepi e non lo trovo. Panico per qualche secondo! Poi scopro che si era infilato tra le pieghe del panno, rannicchiandosi! È sveglio e attivo, in effetti è l'ora in cui potrebbe volare via libero! Prendo dell'altra acqua e gliela do (beve!) e poi sistemo un barattolo nella scatola da scarpe, ricoprendolo con un altro panno di pile, in modo che il bordo del barattolo sia al di sopra di quello della scatola. Poi prendo la scatola e la metto sul davanzale della finestra incastrandone una parte nella finestra stessa, in modo che non possa cadere. Peepi è sul fondo della scatola, ma lo vedo che si arrampica e poi si ferma in cima al barattolo. Aspetto qualche minuto, non accenna a lanciarsi... avrò bisogno di tempo... o forse attende che sia notte.

La notte tra il 3 e il 4 passa senza problemi. Mi sveglio una volta sola (per andare in bagno) e noto che Peepi è ancora lì, si muove, ma non accenna a buttarsi... forse è davvero troppo giovane. Spero allora che la madre venga a cercarlo!

La mattina del 4, con la sveglia delle cinque che mi ero dimenticata di disattivare, mi alzo e controllo Peepi. Non c'è più! Cerco tra il panno, ma non si è nascosto, è proprio andato via! Esulto: sono riuscita a salvarlo! Mi affaccio dalla finestra giusto per scrupolo e... lo vedo... sulla piccola tettoia del piano di sotto: non è riuscito a spiccare il volo! Penso che sia morto! Prendo un lungo bastone per cercare di avvicinarlo al bordo della tettoia così da poterlo prendere... e lui si sveglia e afferra il bastone! A quel punto lo tiro immediatamente su, lo prendo in mano e lui si accoccola di nuovo sul mio palmo. "Certo che mi fai disperare, Peepi!" gli dico. Ma sono ancora troppo addormentata per pensare alla prossima mossa, quindi torno a letto, con Peepi nella mano e mi rimetto a dormire, accarezzandolo.


Quando mi sveglio, alle 9, Peepi è ancora lì, sul mio palmo, ma sta... facendosi le pulizie! Mi sorprendo di quanto possa essere carino un pipistrello, e mentre lo guardo mi riprometto, tornata a casa quella sera, di ordinare la casetta per pipistrelli che ho nella "wish-list" di Amazon da anni. Così Peepi potrà smettere di stare nella scatola da scarpe! 


Oggi però non ho tempo di stargli dietro, ho diverse cose da fare in mattinata prima di pranzo, quindi gli ridò da bere e lo rimetto nella sua cuccia diurna. Aggiungo un piattino con dell'acqua, un pezzo di frutta e un bocconcino dei gatti: non posso catturare zanzare per lui e sul web non ho trovato nessuna indicazione valida su cosa dargli in alternativa. Prima di uscire, però, chiamo il mio veterinario, che non si occupa di animali selvatici e mi dice di chiamare l'assl... che non si occupa di animali selvatici e mi dà un ulteriore numero, che non risponde. Esco e faccio le mie commissioni, poi torno a casa per pranzo, controllo Peepi (che dorme appeso a testa in giù sul barattolo dentro la scatola e si stiracchia quando lo accarezzo) e provo a richiamare il numero. Risponde una segreteria che dice di lasciare un messaggio su Whatsapp con foto e indicazioni del luogo dove si trova il chirottero da aiutare. Faccio e vado al lavoro.


Poco prima di entrare al lavoro (sull'orizzonte degli eventi del "buco nero" di comunicazioni che c'è al Faro di Bibione) ricevo la risposta su Whatsapp: "Riesce a portarlo al poliaumbulatorio?"... Mi infurio (per usare un eufemismo!): questo è l'aiuto che mi date? Ma andate aff... Entro al lavoro cercando di pensare a qualche alternativa!

Di solito esco dal lavoro e mi fiondo a casa, ma stavolta deciso di passare al supermercato per prendere della carne. OK, è un po' un volo pindarico, ma in fondo i pipistrelli sono carnivori, spero solo che Peepi sia di bocca buona. Altrimenti proverò a darla a Rua o Gattona (che però ormai prediligono croccantini particolari!) oppure ai vari randagi che circolano in giardino!

Torno a casa, taglio qualche pezzetto di carne e lo do a Rua e Gattona (che come previsto annusano e rifiutano). Do da mangiare a loro e anche ai due gatti che gironzolano intorno casa e poi mi fiondo da Peepi! Apro la scatola, lo vedo sempre appeso in giù, a dormire, ma... qualcosa non mi torna... il minuscolo musetto è infilato nel piattino con l'acqua, ma non sta bevendo... Ho un tuffo al cuore, lo tocco... niente. Lo prendo in mano... e mi rendo conto che è freddo e rigido. Non ce l'ho fatta! Non sono riuscita a rimetterlo in forze per liberarlo! È morto dentro la sua scatola da scarpe cercando di dissetarsi ancora una volta! Piango.


Piango tanto, prendo Peepi in mano, accarezzandolo per l'ultima volta. Rua, Gattona e gli altri gatti mi guardano strano, non credo che mi abbiano mai visto piangere così. E anche io mi stupisco del mio pianto: in fondo era un semplice piccolo pipistrello, strappato alle grinfie di un gatto che forse aveva già danneggiato irreparabilmente qualche suo organo interno... Ma non riesco a smettere. Una creaturina così indifesa, che si aggrappava alla mia mano per cercare calore. E chissà quante zanzare avrebbe eliminato da intorno casa! Resta il mistero di come sia entrato in casa quella notte... ma in un certo senso sono contenta che l'abbia fatto perché mi ha regalato due giorni che non dimenticherò mai.


Ho seppellito Peepi sono uno degli alberelli nuovi, spuntati questa primavera accando a casa. Non so che tipo di albero sia, ma d'ora in poi lo chiamerò Peepi.

Tuesday 14 June 2022

35

I cry of joy because I met you.
I cry of pain because I lost you.